Wednesday, July 9, 2008

Sull'estetica e sul linguaggio artistico [parte 1]

Alcuni giorni fa ho ricevuto un'e-mail da una gentile ragazza, Valentina, che mi comunica di aver lasciato un commento sul mio vecchio blog - in disuso, "il pittore d'emozioni" - in relazione a un altrettanto vecchio post che avevo scritto nel 2006.
Partendo da questo suo commento, del quale vi riporto qui sotto alcuni pezzi, ho avuto modo ancora una volta di riflettere sul percorso creativo che sto affrontando.

In breve il mio post sul blog in questione parlava della mia insofferenza nei confronti degli artisti che operano egregiamente a livello visivo ma scarseggiano (o sono privi) di contenuti. Bisogna prendere quel discorso nel contesto in cui è stato scritto, ovvero in una fase di transizione in cui proprio dall'illustrazione commerciale mi spostavo verso qualcosa di decisamente differente.
Il senso di tutto questo lo si ritrova nel mio desiderio esplicito di "utilizzare" l'arte come mezzo di comunicazione diretta tra artista e spettatore, attraverso i canali emotivi dell'immagine visiva.

Questa comunicazione per me ha successo nel momento in cui chi osserva l'opera riesce ad immergersi nel mondo che gli propongo, che è il mio umile e personale modo di vedere le cose e NON è la verità assoluta. E in questo mondo io posso diluire realtà e sogno per ottenere alla fine un panorama carico di contenuti. Qualcosa che vada ben al di là della semplice meraviglia iniziale. Un orizzonte più lontano, dove poter emozionarsi e aprirsi all'inconscio (mio e di tutti) di un racconto narrato in una singola immagine.
Certo, poi ognuno ha la sua sensibilità e ognuno interpreta il mio lavoro in chiave differente. Ma questo interpretare è positivo, è stimolante per entrambi. E poi ci sono i simboli, sparsi quà e là come sassi a indicare la strada di un labirinto tanto complesso quanto surreale.

Quante immagini di artisti digitali girano per il web? Quante sono solamente il frutto di virtuosismi tecnici o esperimenti in photoshop tra filtri e plug-in? Cosa c'è dietro questo? L'espressione visiva è solo una valvola di sfogo dopo una grigia giornata d'ufficio, come guardare la tv o leggere un giornale? Qual è la differenza tra un'opera che mostra una bella ragazza che dorme in un letto e un'opera che mostra la stessa ragazza, supina, il cui corpo inarcato si scioglie tra le lenzuola e il suo volto perde acqua dagli occhi e dalle mani? Nel primo non ci viene da ammirare la posa, la situazione, la fisionomia e il suo corpo? Nel secondo invece non ci domandiamo cosa stia succedendo alla ragazza o cosa le sia successo prima di quell'assurda situazione? Non ci chiediamo che significato possa avere l'acqua con le sue simbologie? Quale delle due può avere una storia più stimolante e curiosa da raccontarvi?

Mancherebbe tuttavia il titolo dell'opera, ma il discorso ora diverrebbe un pò troppo ampio, quindi passo direttamente al messaggio di Valentina. Premetto comunque che non è semplice parlare di quello che faccio, ed essendo un essere umano come tutti ho anch'io dei dubbi (tantissimi) e spesso questi dubbi non fanno che frenare il mio lavoro. Se realizzassi "egoisticamente" solo per me delle tavole, forse sarei più "flessibile" e rilassato, ma sicuramente falso con me stesso. Per me (prendetelo solo come parere personale) fare arte significa fare critica, stimolare, colpire, far nascere domande in chi osserva il mio lavoro.

[...]Dal post originale di Valentina.
Quando creo lavori personali - non commissionati, e senza limiti imposti - ben poco mi importa di chi li vedrà, e cosa ne trarrà del mio lavoro... durante la realizzazione.
Inevitabilmente, il messaggio nascosto dietro ad esso sarà intimo, e per i pochi che si identificheranno nello stesso frammento.
Questo mi rassicura anche, se vogliamo...
[...]


Valentina, continueresti a creare illustrazioni digitali se tu fossi l'ultima persona sulla Terra? Io non so se lo farei. Forse no. Non per egoismo, ma perchè il mio creare perderebbe senso. Le opere le visualizzo sempre prima di realizzarle. Se fossero solo per me, che senso avrebbe dannarmi per realizzarle su carta nel modo più vicino alla mia visione? Che senso ha fare una critica o "colpire" qualcuno se sei tu il solo spettatore del tuo lavoro?

Ed è anche per questo che da Dicembre a oggi ho annotato diverse opere, e ancora nessuna di queste è stata realizzata. Ho la bussola rotta e ho bisogno di un nuovo nord dove poter incanalare nuove storie, e magari su nuovi mezzi di comunicazione (come vedi, ho realizzato un fumetto brevissimo e sto lavorando a un cortometraggio). Paradossalmente mi sento nella stessa situazione in cui mi sentivo all'epoca di quel post a cui tu hai risposto : in cambiamento.


Prendo una piccola pausa per rileggere, e per scrivere la seconda parte, tra qualche giorno.